I primi testi che parlano di interventi di chirurgia estetica risalgono all’ 800-600 a.c.; il chirurgo indiano Sushruta descriveva la sua personale tecnica di rinoplastica attraverso il “lembo indiano” tuttavia è stata nella seconda metà del ventesimo secolo che la chirurgia estetica ha assunto una valenza ubiquitaria in tutte le classi sociali diventando un mezzo non solo per permettere un miglioramento estetico ma anche per permettere al paziente un assimilazione sociale.
Oggi dal chirurgo estetico si presentano sempre più frequentemente pazienti che si sono già sottoposti ad uno o più interventi nello stesso distretto corporeo che vorrebbero ulteriormente migliorare oppure correggere o mantenere il risultato e richiedono quindi una chirurgia secondaria se non terziaria.
Possiamo distinguere due categorie di chirurgia secondaria:
- di mantenimento: quando dopo anni dal trattamento, il risultato dell’ intervento ha bisogno di una naturale ripresa
- di revisione: quando anche dopo pochi mesi dal trattamento il paziente non ha raggiunto il risultato sperato
L’ intervento che più frequente richiede un mantenimento è la mastoplastica ed in seconda battuta sono la blefaroplastica e il lifting.
L’ interventi che più frequentemente va incontro a revisione è ancora una volta la mastoplastica
La chirurgia della mammella è legata a questa problematica a causa della convivenza con un corpo estranea che è la protesi e a causa della evoluzione di tecnica negli ultimi 20 anni. Se dalla fine degli anni 90 la tecnica scelta ,nella quasi totalità dei casi, per questo tipo di intervento è quella del doppio piano parzialmente sotto-muscolare (migliore copertura della protesi, miglior risultato estetico), negli anni 80 ed agli inizi degli anni 90 la tecnica utilizzata era quella sotto-ghiandolare (in un piano che è al di sopra del muscolo grande pettorale).
Oggi le pazienti che vogliono sostituire dei vecchi impianti protesici mammari perché gli accertamenti diagnostico-strumentali ne hanno evidenziato una rottura, o perché non più pienamente soddisfatte del risultato, devono sottoporsi ad un intervento più complesso che prevede un cambio di piano (da sopra a sottomuscolare).
In generale operare un tessuto non trattato precedentemente risulta più semplice per il chirurgo poiché non ci troviamo di fronte a quelle fastidiose aderenze cicatriziali che camuffano i piani anatomici e lasciano spazio a possibili evoluzioni non contraoolate della guarigione.
La chirurgia secondaria è sicuramente più ricca di possibili complicanze e per tale motivo prevede un approccio più approfondito.