MASTOPLASTICA ADDITIVA E PROTESI MAMMARIE – profilo salute, marzo 2016

Un seno poco sviluppato oppure una sua riduzione di volume dopo un dimagramento o dopo una gravidanza può essere corretto attraverso una mastoplastica additiva. Si tratta di uno tra gli interventi di chirurgia estetica tra i più desiderati dalle donne e tra i più diffusi.

La mastoplastica può essere eseguita attraverso molteplici tecniche ognuna delle quali presenta vantaggi e svantaggi per cui è opportuno individuare la più scelta più idonea in funzione delle specifiche esigenze della paziente. È necessario valutare dove localizzare l’incisione che permetterà l’introduzione della protesi. L’accesso dall’ascella ha il vantaggio di non lasciare cicatrici nella regione mammaria ma lascia postumi evidenti nel cavo ascellare. L’accesso dal solco sottomammario prevede un’incisione che può rivelarsi piuttosto antiestetica ma è la più idonea all’impianto di grande volume. L’accesso dall’areola è il più praticato perché lascia una cicatrice poco evidente ma è può prevedere alterazioni temporanee della sensibilità della cute in questa regione. L’accesso dall’ombelico necessita di un taglio piccolissimo ma non permette l’impianto di protesi in silicone.

Dove alloggiare le protesi? Esiste la possibilità di collocare l’impianto in una posizione superficiale rispetto al piano muscolare oppure in uno spazio più profondo. Gli impianti sopramuscolari sono chirurgicamente più semplici e meno dolorosi nel periodo post operatorio ma poco adatti alle pazienti magre in quanto le protesi risultano piuttosto evidenti. Gli impianti sottomuscolari o parzialmente sottomuscolari prevedono un maggior impegno ma spesso risultano essere più stabili e gradevoli.

Esiste anche una discreta variabilità tra le protesi mammarie. La quasi totalità degli impianti è in silicone ma ne esistono anche riempite con fisiologica o rivestite in poliuretano mentre, per quanto riguarda la forma, si distinguono protesi tonte e protesi anatomiche.

La paziente portatrice di protesi mammarie può sottoporsi, senza alcuna limitazione, agli esami diagnostici come l’ecografia o la mammografia e può allattare. Le protesi non devono necessariamente essere sostituite dopo qualche anno. L’intervento chirurgico può essere eseguito in anestesia generale o in sedazione in regime di day hospital o con un ricovero di 24 ore.

La storia della mastoplastica additiva risale alla metà del secolo scorso infatti il primo tentativo di abbellire il seno con l’aggiunta di un corpo estraneo risale al 1942 quando un chirurgo eseguì, per la prima volta, iniezioni di paraffina nelle mammelle con il solo intento di aumentarne il volume. Tra gli anni cinquanta e i primi anni sessanta furono fatti ulteriori tentativi impiantando chirurgicamente materiali spugnosi o silicone liquido ma la prima vera svolta avvenne nel 1962 quando furono introdotte le prime protesi in silicone. Si trattava di un sistema costituito da una massa di gel di silicone avvolto da una membrana di silastic con risultati incoraggianti pur presentando una percentuale significativa di complicanze con la necessità, in molti casi, di sostituire le protesi dopo un breve periodo di tempo. Nel 1965 sono nate le protesi gonfiabili e nel 1974 le protesi a doppio lume ma un significativo passo avanti si è verificato negli anni 80 con l’introduzione sul mercato di impianti in gel di silicone con superficie rinforzata e testurizzata. Un ulteriore miglioramento è avvenuto nel 1992 con la comparsa sul mercato di protesi di forma anatomica; si tratta di impianti in gel di silicone che riproducono al meglio la forma di una mammella naturale.